...e Figaro si taglia le vene!
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Gioachino Rossini |
Ieri sera al Teatro dell'Opera di Roma è andata in scena una delle più famose ed amate opere liriche mai scritte. Un traguardo importante per Gioachino Rossini, che ha dovuto soffiare su duecento candeline, rivelatesi invece altrettanti candelotti di dinamite.
Se questo evento si fosse festeggiato con una prima alla Scala di Milano sarebbe stato sicuramente un trionfo. Sconosciuti in gran spolvero, cariatidi scintillanti, politici annoiati; tutti desiderosi di "esserci", avrebbero accolto la regia dell'opera rossiniana come un'originale insieme di significati. Anche la stampa si sarebbe prodigata a celebrare il prodigio registico.
Ma sfortunatamente per Davide Livermore, il regista, tutto è avvenuto a Roma, con un pubblico interessato realmente all'opera più che alla propria toilette, spettatori insomma con reazioni vere; lo attestano gli applausi ai cantanti, piuttosto bravi, se teniamo conto dell'attuale materiale canoro, scarso o stressato dal surmenage che gli attuali ritmi artistici richiedono.
Livermore è colpevole di lesa maestà. Ha infatti egli violentato l'immaginario collettivo con esagerazioni ruffiane e prive di reale significato. Ha colpito al cuore la divina architettura di un'opera intoccabile, poiché già perfetta così come ogni melomane se l'immagina.
Il Barbiere è fine architettura, filigrana preziosa, seta delicata; ma anche forza, precisione, equilibrio. Un quadro ideale di armonia e giocosità.
Davide Livermore l'ho fatta davvero grossa; come maldestro pittore ha ricoperto l'inestimabile tela, col pretesto di darle nuova vita; ha mescolato maldestramente i colori sulla sua tavolozza; li ha spruzzati volutamente a casaccio sul capolavoro, affogandolo.
Un gioiello musicale sacrificato sull'altare del regista-star del momento.
Volutamente non parlerò dei cantati, che come ho detto ne sono usciti bene, ma estremamente sacrificati da mimiche estreme, sgambettamenti risibili e trucchi osceni. Non ne parlerò perché diversamente da quanto accadeva all'epoca di Rossini, quando le opere erano scritte in funzione della vocalità dei cantanti, oggi le star sono il regista o il direttore d'orchestra, vere e proprie prime donne della lirica. Per me che canto è deprimente leggere recensioni in cui talvolta non vengono neppure riportati i nomi dei protagonisti.
Cosa è rimasto della prima di ieri sera?
Un'anonima, tiepida direzione d'orchestra. Gli occhi delusi dei cantanti alla fine dell'opera, dopo la fatica della difficile performance. Gli orchestrali che applaudivano al Titanic che affondava. Un delirio di contenuti con i quali il regista ha preso in giro gli spettatori, impunemente; poiché ormai nelle regie, come nell'arte in genere, si presentano accozzaglie di contenuti senza significato; l'importante è stupire, essere diversi al fine di meritarsi fama, rispetto e cifre a molti zeri, sparando alla cieca.
Ma soprattutto è rimasto Figaro, attonito, che ha deciso di tagliarsi le vene a duecento anni suonati.
Ah dimenticavo... è rimasto un orso. Un orso? Ma che ci faceva là?
Lucia Montis
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