Nel salire la scalinata del palazzo, la voce del medico rimbombava nel vuoto della mente; risuonava insieme alla mia, poiché sapevo. Sì, sapevo ancor prima. Sfilavano davanti a me le immagini dell'estenuante trafila di analisi, accertamenti, visite, diagnosi... fino al verdetto finale; quello che però può sempre avere un appello: la ricerca ha fatto passi da gigante, la terapia è ora meno invasiva, l'esito è spesso favorevole. Spesso. "Spesso" non mi basta.
Gradino dopo gradino salivo, come giorno dopo giorno avrei dovuto dare sempre più spazio nella mia vita all' alieno che si nascondeva in me. Era il mio turno.
Gli occhi di Marcello mi avevano sorriso quando mi aveva salutato, finita la sua visita. Uno scintillio rivolto a me come un buon augurio. Eppure uscì dall'ambulatorio impercettibilmente più curvo e cupo.
Perché pensavo allo sguardo di un uomo che appena conoscevo? Io stavo male.
Dovrò piegarmi alla sofferenza. Sola. E disperata, forse. O forse no... forse starò bene, grazie ad un errore di diagnosi dell'ultimo momento...
Dovrò piegarmi alla sofferenza. Sola. E disperata, forse. O forse no... forse starò bene, grazie ad un errore di diagnosi dell'ultimo momento...
Mi ha dato il suo numero telefonico. Mi ha detto che avrei potuto chiamarlo l'indomani. Ma io avrei voluto chiamarlo in quel momento.
"Maestro, ho paura!", avrei detto d'impulso.
Lui, e non mio fratello. Perché, in me, era esploso il desiderio di dirlo a lui? Non so. Le ragioni di un'anima stanca sono lontane come le stelle; incomprensibili come l'amore.
Chiusi la pesante porta alle mie spalle... Tutto produceva una strana eco quella sera. Mi parve di chiudermi fuori, ed invece ero in casa...
Bevvi una tisana. Mi spogliai. Cercai di mettere ordine nei cassetti senza un reale motivo. Guardai me che tentavo di riordinare; le mie mani arrossate per lo sbalzo di temperatura; le mie braccia che non volevano fermarsi.
Come un temporale non annunziato, mi abbandonai ad un pianto straziante, quasi un urlo soffocato, quando fui sotto la doccia. E scivolai... scivolai in ginocchio, con la testa tra le mani. Nella posizione del condannato, che non ha la forza di pregare il suo carnefice... Chiusa in me. Chiusa al mondo.
Due pasticche quella sera, ed un bicchiere di vino rosso. Una sigaretta. Il letto. Dormii con la luce accesa.
Sognai ombre senza senso, liquide e nere. Brillava solo l'orologino d'oro della signora Conti, che andava all'indietro. E poi la sua bocca sottile, che mi parlava muta. I suoi piccoli occhi bui, che si trasformavano in note su uno spartito: il Requiem di Mozart.
"Amanda, prenditi cura di te", la voce di Marcello. Dov'era? Non vedevo nulla. Solo una lieve carezza sul mio volto. (continua)
Daniela Lucia Monteforte
tutti i diritti riservati
(versione per web)
Lui, e non mio fratello. Perché, in me, era esploso il desiderio di dirlo a lui? Non so. Le ragioni di un'anima stanca sono lontane come le stelle; incomprensibili come l'amore.
Chiusi la pesante porta alle mie spalle... Tutto produceva una strana eco quella sera. Mi parve di chiudermi fuori, ed invece ero in casa...
Bevvi una tisana. Mi spogliai. Cercai di mettere ordine nei cassetti senza un reale motivo. Guardai me che tentavo di riordinare; le mie mani arrossate per lo sbalzo di temperatura; le mie braccia che non volevano fermarsi.
Come un temporale non annunziato, mi abbandonai ad un pianto straziante, quasi un urlo soffocato, quando fui sotto la doccia. E scivolai... scivolai in ginocchio, con la testa tra le mani. Nella posizione del condannato, che non ha la forza di pregare il suo carnefice... Chiusa in me. Chiusa al mondo.
Due pasticche quella sera, ed un bicchiere di vino rosso. Una sigaretta. Il letto. Dormii con la luce accesa.
Sognai ombre senza senso, liquide e nere. Brillava solo l'orologino d'oro della signora Conti, che andava all'indietro. E poi la sua bocca sottile, che mi parlava muta. I suoi piccoli occhi bui, che si trasformavano in note su uno spartito: il Requiem di Mozart.
"Amanda, prenditi cura di te", la voce di Marcello. Dov'era? Non vedevo nulla. Solo una lieve carezza sul mio volto. (continua)
Daniela Lucia Monteforte
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