Spesso silenziosi nella sala d'aspetto gremita di anziani, cerchiamo di ricordare tutto quello che dovremo riferire al nostro medico: disturbi, timori, dubbi, terapie in corso. E questo capita anche quando la nostra salute non ci tiene sotto scacco.
Ci guardiamo intorno chiedendoci perché nel giorno e nell'ora in cui possiamo recarci in ambulatorio, tutto il mondo abbia avuto la stessa idea. Pazienza. Vorrà dire che ci troviamo nel periodo dell'anno in cui i virus vanno a nozze. Non vado quasi mai dal medico, delego o telefono per ottenere impegnative per esami o ricette di farmaci che ritengo opportuni. Ma quando siedo in mezzo ai pazienti non posso fare a meno di osservare.
Le riviste sono vecchie di anni, spiegazzate da dita distratte e ricettacolo di ogni forma di vita ostile; mai sostituite (ho tanti giornali a casa, quasi quasi li porto qui): non mi azzardo ad avvicinarle. Meglio leggere le targhette e gli avvisi sui muri spogli: si accetta un informatore sanitario ogni tre pazienti: Mi guardo intorno. Accidenti, due uomini con valigetta. Sarà una lunga attesa.
Poi musi lunghi. Non tutti. Qualche pensionato chiacchiera con il vicino di acciacchi, ticket e pensioni. I più restii a dialogare sono quelli che, isolati dal mondo e dalle sofferenze altrui, vivono virtualmente in qualche gioco o chat. Altri sono rocche inespugnabili. Ma io sono ben disposta. Parlo del tempo. Dei malanni di stagione. Inaspettatamente trovo un ottimo pubblico anche per azzardare temi più impegnativi (succede raramente). La simpatia che si celava nel silenzio emerge, e quando tocca a me quasi mi spiace salutare i miei due o tre nuovi amici.
Spesso sono io a chiedere al mio medico "come va?", mentre lui immancabilmente, anche nei peggiori momenti della mia vita, mi ha sempre apostrofato con un sorridente "ti vedo bene!"
Non una palpata, niente stetoscopio, l'abbassalingua un ricordo d'infanzia. Gli suggerisco di misurarmi la pressione e vengo soddisfatta.
Diversamente dalla sala d'aspetto , le pareti dell'ambulatorio non sono spoglie ed impersonali, ma si rivelano in un tripudio di foto. Immagini che raffigurano un noto calciatore (il suo idolo) ed istantanee di spericolate azioni calcistiche del mio medico. Lo so che è la sua passione. La vera credo. Partecipa instancabilmente a tornei. Li vince. E' felice in quelle immagini. Ma se hai la febbre ed hai bisogno di una visita e gli telefoni febbricitante, ti dice velocemente ciò che devi assumere; se vuoi una diagnosi ti manda dal suo amico specialista "tanto in gamba"; se non migliori aumenta le dosi.
Sono stata molto male ed ho scelto un'altra via: quella che mi ha fatto guarire.
Non è una terapia prescritta dal medico di famiglia, neanche dal suo amico specialista, men che meno suggerita dalla medicina ufficiale, che mi ha reso schiava dei farmaci. Ma questa è un'altra storia e la racconterò più avanti.
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